Nata a Perugia nel 1971, si diploma in Architettura d’interni presso l’Istituto europeo di design di Milano. Grande maestra della tessitura, è erede di una tradizione famigliare che conta con lei quattro generazioni.

L’Atelier Giuditta Brozzetti affonda le radici all’inizio del ‘900. Qual è la storia?

La storia della tessitura in Umbria ha radici antiche: le cosiddette “tovaglie perugine” erano punto di forza della grande tradizione tessile nella Perugia medievale, venivano utilizzate come tovaglie da altare nelle chiese del Centro Italia, e comparivano nei dipinti di Simone Martini, Pietro Lorenzetti, Giotto, Ghirlandaio, fino a Leonardo da Vinci.

Durante la I Guerra Mondiale Giuditta Brozzetti era direttrice delle Scuole Elementari di Perugia e ispezionando le scuole dei paesi del contado riscoprì l’antica tradizione tessile sopravvissuta nelle case contadine.

Da quel momento ne divenne un’esperta estimatrice, raccogliendo i tessuti più belli per portarli in città e venderli, facendoli diventare una fonte di guadagno e di emancipazione per le contadine del perugino.


Nel 1921 iniziava la sua avventura, con l’apertura del Laboratorio di tessitura a mano, dove riproduceva le tradizionali stoffe umbre e alcuni dei più bei damaschi del passato.

Nel Laboratorio si utilizzavano, e si utilizzano ancora oggi, i tradizionali telai manuali a pedali con quattro “licci” per produrre i “tessuti rustici” caratteristici delle campagne e i telai “a jacquard” per realizzare damaschi e le “tovaglie perugine”.

Nel 1957 Eleonora, figlia di Giuditta, rilevò il Laboratorio e ampliò l’attività.

Per anni fu affiancata dalla figlia Clara, appassionata di storia e iconografia, che si dedicò allo studio e alla fedele riproduzione delle “tovaglie perugine”. Nel 1995 la quarta generazione, con me, entra di fatto nella gestione del Laboratorio di tessitura manuale “Giuditta Brozzetti”.

Quando ha capito che la tessitura sarebbe stata la sua strada? C’è qualcuno che ha influito sulla sua scelta di divenire una tessitrice?

Nel 1993 mia madre si trovò costretta a organizzare la chiusura del laboratorio che era riuscita, con determinazione e tenacia, a tenere aperto per anni. In quell’occasione realizzai che nessuno nella nostra famiglia era in grado di manovrare gli antichi telai del laboratorio, quindi pensai che fosse giusto imparare a tessere. Nell’estate del 1993, dopo aver finito gli esami allo IED di Milano, mi sono avvicinata a quest’arte antica e ne sono stata completamente rapita! Nel 1994 finiti gli studi sono tornata a Perugia e con mia madre abbiamo riaperto l’attività sotto forma di cooperativa nel 1995.

Quali sono le peculiarità del suo atelier?

Nel nostro laboratorio realizziamo tessuti ispirati alla gloriosa tradizione tessile umbra, utilizzando originali tecniche medievali e anche tecniche del XIX secolo. Siamo l’ultimo atelier di tessitura a mano dove si realizzano copie fedeli delle famose “tovaglie perugine”.

Il suo laboratorio è un luogo suggestivo e ricco di fascino: un ex monastero nel cuore dell’Umbria, la Chiesa di San Francesco delle Donne. La scelta di questo luogo in particolare ha una ragione specifica?

La trecentesca chiesa di San Francesco delle Donne fu sconsacrata nell’Ottocento e utilizzata da allora come edificio industriale. In seguito a diverse vicissitudini, mio padre riuscì ad acquistarla. Quindi mia madre era la terza generazione di donne imprenditrici del laboratorio e suo marito possedeva questo magnifico edificio. Fu loro l’idea di portare il laboratorio nell’ex-chiesa, progetto che ho realizzato io fisicamente nel 1996.

La tessitura avviene tramite telai che hanno più di 200 anni. Crede sia possibile unire tradizione e innovazione nel suo mestiere?

L’ho sempre creduto e sostenuto: progettualità e manualità possono creare un ottimo connubio, raggiungendo risultati non solo di design, ma anche di praticità e alta manualità, caratteristica del grande saper fare artigiano italiano. Grazie alla Fondazione Cologni ho potuto dimostrarlo in occasione del progetto Doppia Firma (2017), dove ho collaborato con Federico Pepe.

Che rapporto ha con il territorio? Come e quanto influisce nelle sue creazioni?

La nostra produzione è legata a doppio nodo con il contesto territoriale e culturale umbro, la tradizione tessile umbra è antichissima e le tecniche utilizzate permettono declinazioni infinite.

Qual è la sua fonte di ispirazione?

Fonti d’ispirazione provengono dai dipinti, dalle opere d’arte e dalla natura stessa. Spesso semplicemente da oggetti prodotti 80 anni fa nel mio stesso laboratorio, che vengono reinterpretati e riletti in chiave contemporanea, cercando di dare un tocco di attualità nel solco di una tradizione secolare.

Idea del progetto e realizzazione. Come si combinano nel suo lavoro?

Gli studi di design hanno senza dubbio influito tantissimo nelle mie metodologie. Tratto ogni nuovo pezzo come un progetto di architettura valutando le proporzioni e le combinazioni stilistiche a tavolino. Poi in fase di realizzazione al telaio affronto i cromatismi, che vengono solo sommariamente approntati in fase progettuale, sperimentando di volta in volta nuovi abbinamenti.

C’è un momento che ricorda con particolare emozione?

Il bello di questo lavoro è proprio il fatto che ogni nuovo progetto è fonte di rinnovato entusiasmo e gioia, non ci si stanca mai ed è impossibile per me ricordarne uno in particolare. Forse l’essere stata fotografata da grandi artisti (uno fra tanti Steve McCurry), ricevere gruppi di turisti che si commuovono nel vedere come ancora realizziamo i nostri tessuti (questa è una delle cose che preferisco) e senz’altro ricorderò tutta la vita la grande gratificazione che ho provato nel ricevere il vostro riconoscimento MAM-Maestro d’Arte e Mesitiere!

Lei è artigiana, imprenditrice, insegnante. C’è un consiglio che vorrebbe dare ai giovani che vogliono avvicinarsi al mondo dell’artigianato e dei mestieri d’arte?

Il modo dell’artigianato è una realtà dura, ma è anche un modo di vivere i propri sogni. Ci vuole passione maniacale, grande determinazione e una testardaggine infinita.