Martha Pachón Rodríguez nasce a Santa Fe de Bogotà in Colombia. Si laurea in Belle Arti all’Università Surcolombiana di Neiva e successivamente si trasferisce in Italia, continuando la sua formazione all’Istituto d’Arte per la Ceramica Ballardini di Faenza, e specializzandosi in grès e porcellana. 
Oggi l’artista-artigiana è riconosciuta a livello internazionale, e porta avanti un lavoro che combina l’alto artigianato italiano, il design contemporaneo e le influenze andine e afro-caraibiche delle sue origini. 
Nel suo atelier a Faenza realizza sia sculture in porcellana che istallazioni luminose e concettuali. Negli anni ha sviluppato una ricerca personale sulla traslucenza e il colore, impiegando le antiche tecniche della lavorazione della porcellana, rivisitate in chiave contemporanea. 
Il suo lavoro è incentrato sui temi della magia, la sacralità del costume, l’erotismo e le migrazioni umane e animali, realizzando opere di estrema raffinatezza che richiedono enorme pazienza e abilità.
È stata co-fondatrice e direttrice del Faenza Art Ceramic Center, centro per la formazione ceramica. È membro dell’IAC - International Academy of Ceramics.

Come è iniziato il suo percorso nella ceramica?

È una storia divertente. Fin da piccola, i miei genitori sapevano che a Natale, invece dei giocatoli, preferivo la plastilina, i colori, i pastelli, le tempere e gli acrilici. Da bambina andavo in una scuola di suore francesi, ero molto loquace e distraevo i compagni durante le lezioni. Un giorno per punizione le suore mi mandarono a lavorare come assistente in un laboratorio nascosto, dove lavorava una suora un po' matta.  Loro pensavano che fosse una gran punizione, perché tutti temevano questa suora; per me invece è stata una scoperta: qui vedevo come si modellavano gli oggetti a partire da un materiale meraviglioso come l’argilla, e osservavo come per magia lei, più maga che suora, li metteva in un forno, e da lì uscivano trasformati, colorati e resistenti.  È stato un evento illuminante per il mio percorso creativo. Successivamente, durante il liceo, ho continuato a lavorare con la ceramica frequentando qualche bottega. Poi sono andata all'università e mi sono laureata in Belle Arti, con una tesi basata su materiali ceramici, finanziata da una banca: i miei pezzi realizzati per questa occasione sono stati esposti in una galleria. Poi mi sono specializzata in grès e porcellana a Faenza, e ho compiuto diversi viaggi in Asia, che mi hanno avvicinato sempre più al mondo della porcellana.

Sono convinta che le mie forme, i colori che impiego e la loro traslucenza, permettano a chi li guarda di conoscere delle storie nascoste

Fare ceramica in Colombia significa tessere un legame con la tradizione e la materia, mentre in Italia si lavora senza confini definiti, combinando l’artigianato con il design contemporaneo

Quanto influenzano il suo lavoro le sue radici andine e afro-caraibiche?

Molto. Sono cresciuta in un mondo fantastico, reinventato nella quotidianità attraverso le fiabe raccontate da un padre caraibico e una madre andina, influenzata dalla ferrea religione cattolica e dalle superstizioni sciamaniche. Questo Realismo Magico lo porto nel sangue, ma è grazie all'incontro con il Mediterraneo che le mie radici emergono, si arricchiscono e si combinano alla cultura europea. 


Qual è la differenza principale tra fare ceramica in Italia e in Colombia, dove è cresciuta?

Fare ceramica in Colombia significa tessere un legame con la tradizione e la materia, mentre in Italia si lavora senza confini definiti, combinando l’artigianato con il il design contemporaneo: forse qui sono riuscita ad avere libertà completa di espressione creativa. 
 Da dove viene l’ispirazione per le sue opere? Viene da storie vere e storie magiche. Da ricerche etnografiche ispirate ai due mondi fra due mari, Europa e America Latina.

Le sue sculture sono fortemente evocative. Cosa vuole comunicare con il suo lavoro?

Il fatto è che quando fai quello che ti piace e lo fai con passione, riesci a comunicare facilmente messaggi che con le parole sarebbero difficili da trasmettere e comprendere. Vorrei infondere magia e bellezza. Sono convinta che le mie forme, i colori che impiego e la loro traslucenza, permettano a chi li guarda di conoscere delle storie nascoste: di vedere magia e bellezza, che sono in realtà già dentro di noi; spero che lo spettatore si senta sereno, spensierato e capace di affrontare la realtà del quotidiano. La nostra esistenza umana è fatta di frenesia, notizie negative, paure. A questo mira il Realismo Magico, che è centrale nel mio lavoro: investire di magia le cose reali, perché ognuno di noi hai il potere divino di immaginare la realtà meglio di com’è, e di manifestarla.

Quali sono le fasi di realizzazione di un’opera? Qual è la sua tecnica prediletta?

Le fasi di lavoro sono tante e lunghe, richiedono pazienza e amore per un materiale difficile e allo stesso tempo bello com’è la porcellana. Preferisco lavorare modellando a mano, e prediligo la porcellana colorata. Comincio da un racconto che evoca colori, forme, perfino odori e suoni. Poi viene la fase di progettazione, utilizzando matite colorate, acquerelli, carta piegata e modellata.
Poi realizzo a mano gli stampi e i controstampi per ogni pezzo.
Questo processo può richiedere anche mesi di lavoro. Si procede poi a realizzare i supporti in grès, che serviranno a cuocere le opere ad alte temperature. Questa è solo la fase di progettazione. Successivamente, si passa alla preparazione degli impasti di colore e dei disegni Nerikomi, o degli abbinamenti per l’intarsio. Questa fase di preparazione dei materiali richiede altre due settimane di lavoro. Infine si procede alla creazione vera e propria del pezzo, che avviene modellando lastre di porcellana, a volte utilizzando stampi, a volte no. In questa fase si realizzano tutte le piccole parti che compongono il pezzo, come foglie, aghi o frammenti. Questo processo richiede da quattro giorni a una settimana. Una volta terminata la costruzione e assemblate tutte le parti, si procede con l’asciugatura, che necessita dai quindici giorni a un mese di tempo. Si eseguono poi due cotture, una “biscotto” a bassa temperatura; si rifinisce il pezzo e lo si cuoce una seconda volta; si conclude con la rifinitura finale e la lucidatura. A volte è necessaria un'altra fase, che prevede l’applicazione di oro o metalli e che comporta una terza cottura.

Ha appena ottenuto il titolo MAM – Maestro d’Arte e Mestiere (settembre 2024), riconoscimento biennale della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte a maestri artigiani che si distinguono per talento, saper fare e altissima competenza. Com’è stato ricevere questo riconoscimento?

Per me ha significato molte cose allo stesso tempo: in primis l’onore di sentirsi degna di un riconoscimento così importante sul piano professionale. Specialmente perché proviene da un ente riconosciuto a livello nazionale e internazionale e che possiede il merito e la rispettabilità di concedere un titolo di così alta categoria. Rappresenta anche la responsabilità di portare avanti un mestiere meraviglioso e unico, e di dover mantenere alta, anzi di migliorare ancora, la qualità del mio lavoro, per continuare a meritare di far parte di questo gruppo di Maestri. Inoltre, ed è la cosa più importante, durante la cerimonia ho conosciuto tante persone di valore e uniche, ho stretto nuove amicizie e condiviso con loro la mia e la loro storia. Alla fine è come sentirsi parte di una grande famiglia, guidati e sostenuti da un’altra famiglia, la Fondazione Cologni.

Quali sono i suoi progetti futuri?

Il primo progetto che voglio realizzare è una nuova serie di pezzi fra scultura, decorazione e istallazione contemporanea. Sto anche progettando qualche nuova mostra e altre iniziative in partenariato con altri maestri artigiani.


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