A 18 anni subisce un infortunio importante che gli provoca la perdita di tre dita della mano sinistra, ma che non lo ferma nel rincorrere il suo sogno, quello di aprire una bottega per conto proprio. A 28 anni, insieme a sua madre, che all’epoca era operaia, comincia a produrre arredamenti e serramenti su misura per clienti veneziani, in una baracca dismessa dopo l’alluvione del 1966.
Sebastiano e io (Agnese), rispettivamente secondo e quartogeniti, insieme agli altri due fratelli, cresciamo in questa bottega, e i nostri giocattoli erano i pezzi di legno scartati dalla produzione.
Spesso accompagnavamo nostro padre a installare le sue creazioni all’interno di palazzi meravigliosi. Al tempo non esistevano strumenti come l’avvitatore o la chiodatrice, tutto il lavoro veniva fatto a mano, e noi avevamo il compito di passare i chiodi al papà: ci sentivamo orgogliosi di tornare a casa con le mani annerite dal ferro che rilasciavano i chiodi. Dopo aver ottenuto il diploma di geometra ed ebanista, mio fratello e io decidiamo di rimanere nell’azienda di famiglia, che negli Ottanta aveva una quindicina di collaboratori.
I primi anni sono stati molto duri, in quanto Angelo era intransigente e severo, ma è stata per entrambi una buona palestra per diventare forti e determinati. Nel 2018 abbiamo deciso di dare vita al brand Lunardelli Venezia, per esprimere la gratitudine a una città che ha permesso alla nostra famiglia di crescere, e che ci ha dato il privilegio, con la sua bellezza contagiosa, di maturare un certo gusto per le cose fatte bene e per il design. Le nostre opere si ispirano agli elementi architettonici e naturali che contraddistinguono la città. Ogni elemento ha un preciso significato, e una storia da raccontare, a volte sconosciuta. Quindi, attraverso i nostri oggetti, cerchiamo di diffondere una cultura legata alle tradizioni di una città viva, dinamica e non concepita solo come un museo.
Come si è evoluta l’attività nel corso di due generazioni e oltre 50 anni di lavoro?
Sebastiano è l’unico dei fratelli che ha saputo raccogliere il testimone lasciato dal papà, dal punto di vista del lavoro manuale. Grazie ai suoi studi all’Istituto per Ebanista Mobiliere di Bassano del Grappa e alla sua capacità di sperimentare, ha saputo condurre l’azienda a modo suo, rispettando la tradizione, ma allo stesso tempo portando innovazione, e trovando tra le due il giusto equilibrio. La sua instancabile ricerca di nuove soluzioni, nuovi materiali per la finitura e nuove modalità per la sagomatura del legno, ci ha reso quello che siamo oggi.
Spesso trascorre le notti a riflettere per trovare la giusta soluzione. A volte, quando nessuno può immaginarlo, arriva il mattino seguente con l’idea giusta, e in un attimo l’opera prende forma. Grazie a lui si possono portare a compimento progetti importanti e soprattutto audaci. In ogni opera traspare la sua passione e le sua infinita dedizione, che non conosce giorni di ferie né di riposo.
Ad oggi come sono organizzati il laboratorio e la produzione? Avete dei collaboratori che vi assistono?
Il nostro laboratorio è organizzato per certe lavorazioni, che vengono eseguite utilizzando macchinari di alta precisione, mentre l’assemblaggio, la finitura e la verniciatura vengono svolte esclusivamente a mano. Abbiamo una decina di collaboratori che ci aiutano.
Qual è la vostra filosofia, e il segreto per mantenere alta la qualità delle vostre opere?
La nostra filosofia è mantenere l’artigianalità delle lavorazioni, del lavoro fatto ancora a mano, secondo la tradizione a cui apparteniamo e che portiamo avanti da anni; è impiegare legni che provengono da riforestazione, nel rispetto dell’ambiente che ci circonda, con uno sguardo e un’ispirazione più contemporanea per quanto riguarda il design.
Quali sono le fasi della produzione e le tecniche che impiegate?
Le fasi della produzione sono molteplici: si comincia dalla sezionatura del legno massiccio, si prosegue con l’impiallacciatura, poi con l’assemblaggio degli elementi, la levigatura manuale e la verniciatura o ceratura manuale.
Collaborate spesso con designer. Qual è il valore aggiunto di coinvolgere un progettista nella realizzazione di un pezzo?
La collaborazione con i designer è fondamentale. Il confronto con loro, soprattutto con i più giovani, è sempre un’occasione di accrescimento, e ci stimola a sperimentare nuove combinazioni di materiali: il legno infatti resta sempre il materiale principale, ma può essere accostato al vetro artistico, ai tessuti preziosi, e anche a tipi di legno diversi e al più moderno acciaio.
Si è conclusa da poco “Homo Faber”, importante manifestazione dedicata all’alto artigianato, di cui Fondazione Cologni ha curato “In Città”, iniziativa collaterale che ha aperto le porte di oltre 70 botteghe di Venezia al grande pubblico. Voi, oltre a impreziosire il ristorante stellato Local con elementi per la tavola a vostra firma, siete rientrati nel circuito delle botteghe aderenti. Avete organizzato qualcosa di particolare per questa occasione?
Consideriamo Homo Faber un evento unico nel suo genere, che per un mese intero trasforma la città di Venezia, creando l’ambiente ideale per attirare visitatori da tutto il mondo, che apprezzano i prodotti di alto artigianato come i nostri. Abbiamo aderito al programma “Homo Faber in Città”, proponendo workshop e laboratori, e aprendo il nostro spazio ai curiosi alla ricerca di un’esperienza diversa. Il nostro desiderio è quello di far comprendere al pubblico che Venezia, oltre a essere una città ricca di storia e rare bellezze, è anche viva e piena di artigiani che lavorano con passione e dedizione ogni giorno per creare prodotti unici e ben fatti.