A San Gregorio Armeno, nel cuore di Napoli, sorge l’atelier d’arte di Ulderico Pinfildi, sommo Maestro nell’arte presepiale. Cresce nella bottega di famiglia, e la sua è quella che ama definire “una prosecuzione di sangue”. Nato nel 1986, il laboratorio è guidato da Ulderico, che con la moglie Imma ha raccolto il testimone dal padre Alfredo. Nella sua casa-bottega si respira l’atmosfera di quel mondo straordinario di cui il presepe napoletano è espressione unica fin dal Settecento.

Ci racconti la sua storia

Un panetto di creta, un tavolino, un neon e tanto, tanto freddo. Le mani, gli straordinari unici attrezzi degli artigiani, gelavano. Dei panni riscaldati, servivano a renderle mobili per modellare la creta. Il meraviglioso presepe napoletano è così: un’opera di trasformazione.
Sono cresciuto alimentato di creta e passione. Era naturale che appena bambino lavorassi con papà in bottega, casa di tutta la famiglia. Ho visto i miei fratelli, le sorelle e mamma lavorare alle terraglie cotte e dipinte. Non so che significhi non modellare, non dipingere, non fare pastori perchè la mia storia, la mia vita sono presepe. Chi scrive di me dice che sono un artista. La mia bottega a Napoli continua la storia. I miei fratelli sono con me. Le mie opere, i miei pastori, ogni mia piccola o grande scultura, è figlia mia e porta inciso il segno della primogenitura. Tutta la mia storia familiare, tutta la tradizione dell’arte presepiale napoletana, tutta la passione e l’amore che posso, sono nell’opera che realizzo.

Quello che mi sento di dire ai giovani è che di arte si può vivere, non è un lavoro di serie B anzi non è un lavoro, è una attitudine, un dono che non tutti hanno ma che richiede sacrificio e tanto studio.

Tutta la mia storia familiare, tutta la tradizione dell’arte presepiale napoletana, tutta la passione e l’amore che posso, sono nell’opera che realizzo.

Il Presepe è sinonimo di tradizione, una tradizione che a Napoli, sua città, è forte e radicata. Come coniuga un sapere secolare con le richieste di innovazione che i tempi odierni vorrebbero?

Quando parlo della tradizione napoletana del fare presepi, non posso che raccontare di questa invenzione tutta partenopea, di far nascere Gesù a Napoli, tra rovine di templi ercolanesi e paesaggi del Regno di Napoli.
Trovo geniale questa idea che all'epoca attualizzò l'evento che ha cambiato il mondo, facendolo diventare arte espressa ai massimi livelli. Basti pensare che uno degli scultori più amati per le sue figure da presepe è stato Giuseppe Sammartino, autore del più ben noto "Cristo Velato". Cercare di trovare l'innovazione in una forma d'arte così radicata alle sue origini non è stato facile, ma un giorno è accaduto qualcosa che ha fatto scattare la molla: usare le mie figure presepiali come attori e diventare io regista nel disporle in composizioni che raccontassero altre storie, al di là del presepe.
È stato impressionante vedere quanto certe scene del racconto biblico siano ancora attuali.

Un punto di forza delle sue creazioni è l'anatomia dei personaggi. Come si arriva a un cosi alto grado di perfezione plastica?

Realizzare volti, mani, piedi o figure nude a tutto tondo, è stata per me da sempre una grande passione, ma richiede tanto studio e saper fare.
Lo studio dell'anatomia applicato all'arte apre un vero e proprio mondo. Ottenere la morbidezza e la veridicità in un manufatto pur prendendosi quelle che chiamo "licenze" ti porta a confrontarti innanzitutto con la natura, unica grande maestra. Come dico sempre, dobbiamo imparare a "guardare" attorno a noi perché è tutto lì a portata di mano. Ma la mia passione per il corpo umano fa sì che non mi accontenti mai, convinto che la perfezione sia sempre un obiettivo da raggiungere. 


Da cosa trae ispirazione per le sue opere?

Questa è la domanda a cui rispondo sempre con molta semplicità, basta guardare al nostro patrimonio artistico del passato, alla pittura o alla scultura, studiarlo, farlo proprio e reinterpretarlo.
La mia ispirazione nasce da lì, dalla pittura del 600, Caravaggio su tutti e Michelangelo, Bernini e gli altri grandi pittori e scultori del passato.

Quali colori usa e come vengono scelti?

I colori che utilizzo sono gli acrilici, anche se impiegarli richiede grande velocità e decisione. Questo perché chi li usa sa che tendono a essiccare in tempi rapidissimi, e quindi la velocità di esecuzione e la precisione diventano fondamentali. I toni degli incarnati nascono da uno studio attento della pittura antica, poiché nel presepe le carnagioni stabiliscono il ceto sociale a cui appartengono le figure. Ma alla fine c'è sempre il "segreto" che ogni artista porta con sé, legato ai processi di patina e all'utilizzo di cere che conferiscono ai personaggi un fascino unico.


Quest'anno ospiterà un ragazzo tirocinante del progetto "Una Scuola,un lavoro. Percorsi di Eccellenza" nel suo atelier. Cosa vuole dire ai giovani che al giorno d'oggi decidono di intraprendere questo mestiere?


Poter trasmettere il proprio sapere ad un ragazzo che ha sete di apprendere un’arte antica è nella natura di un maestro d'arte.
Quello che mi sento di dire ai giovani è che di arte si può vivere, non è un lavoro di serie B anzi non è un lavoro, è una attitudine, un dono che non tutti hanno ma che richiede sacrificio e tanto studio, sperimentazione e pazienza per raggiungere obbiettivi alti senza mai fermarsi. Avere la possibilità di trasformare un idea, un pensiero in un’opera visibile a tutti ci rende persone fortunate.

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