Bottega Conticelli è una delle più riconosciute eccellenze artigiane italiane. Grazie al talento e alla creatività del Maestro d’Arte e Mestiere Stefano Conticelli, ora affiancato dal figlio Francesco, che ha anche saputo valorizzare il potenziale commerciale dell’attività del padre, le creazioni della Bottega realizzate in pelle – ma anche in legno, lana, ferro e iuta – sono oggetti del desiderio apprezzati e molto richiesti da appassionati e raffinati intenditori alla ricerca di un lusso semplice, essenziale, unico e su misura. Parlare con il Maestro della sua Bottega, immersa nella natura non lontano da Orvieto, significa parlare di amore e di sensibilità, di natura e di cultura, di arte e di grande impegno. La sofisticata semplicità delle sue creazioni comunica un’attenzione che è innanzitutto desiderio di sorprendere con un sorriso, evocando la bellezza autentica del mondo.

Maestro, com’è stato crescere in bottega?

Da bambino, me lo ricordo benissimo, mi infilavo in tutti gli angoli della bottega dello zio, curiosavo, mettevo le mani dappertutto. Il mio babbo mi realizzò un piccolo banco di lavoro, dove scolpivo le mie teste di legno e le decoravo con cuoio e capelli di stoppa: avevo cinque anni e già mi dilettavo in un lavoro da artigiano!
Orvieto a quel tempo era piena di botteghe, di artigiani e artisti, ognuna con i suoi profumi, i suoi rumori, la sua storia, e io mi infilavo in tutte: era una gioia per me. Era sempre una grande scoperta, è come se avessi avuto tanti babbi, e grazie a ognuno di loro ho sviluppato una sensibilità per la bellezza. Perché la bottega è bellezza.

Orvieto a quel tempo era piena di botteghe, di artigiani e artisti, ognuna con i suoi profumi, i suoi rumori, la sua storia, e io mi infilavo in tutte: era una gioia per me.

Un artigiano può sviluppare la consapevolezza che certi dettagli, all’apparenza secondari, sono invece fondamentali.

Quali insegnamenti le ha trasmesso suo padre?

Mio padre mi ha trasmesso tantissimi insegnamenti. Mi è sempre stato vicino e mi ha lasciato sperimentare liberamente, permettendomi di scoprire ogni materiale e di sviluppare la mia creatività. E poi, insieme a mia madre, mi ha trasmesso un profondo amore per la natura, che ancora oggi è un aspetto fondamentale del mio lavoro. Mi ispira tutto ciò che la natura ci offre ogni giorno, fin dal risveglio: il cielo, il vento, le nuvole, i suoni, il tramonto, i paesaggi, il mare, le stelle, il cosmo, la luna, gli animali... ogni dettaglio è per me fonte inesauribile di ispirazione. La natura non smette mai di offrire visioni incredibili.

 

Tra poco accoglierà in bottega un nuovo tirocinante del progetto Una Scuola Un Lavoro della Fondazione Cologni. Cosa vorrebbe trasmettergli?

Entrare in bottega per un tirocinante è un momento importante, perché può lasciare un segno profondo, una sorta di imprinting. L’aspetto fondamentale è sviluppare la sensibilità: solo l’esperienza diretta in bottega, con tutta la sua profondità, permette a ragazze e ragazzi di toccare, ascoltare, annusare i materiali, e di coglierne con i sensi la vera identità.

 

La sensibilità di un artigiano è un talento innato o si può apprendere?

Senza dubbio è qualcosa di innato, ma può essere coltivata. Un artigiano può sviluppare la consapevolezza che certi dettagli, all’apparenza secondari, sono invece fondamentali. Basta pensare a una scatola, alla confezione con cui si spedisce un oggetto realizzato a mano: si può fare in mille modi, ma la cura di ogni singolo aspetto – a partire, per esempio, dal profumo – racconta la sensibilità che hai messo nella creazione. Parla di te, ti rappresenta. In bottega, tutto ha un senso: ogni dettaglio comunica l’amore che deve essere parte integrante del lavoro quotidiano.

La semplicità giocosa e quasi ingenua di alcuni suoi pezzi è sicuramente una sua eccellenza. Come si ottiene la semplicità?

La semplicità può sembrare banale, ma in realtà è molto complessa: richiede lavoro e un approfondito studio delle forme, delle proporzioni e dell’utilizzo. È necessario eliminare tutto ciò che non serve, per arrivare all’essenza stessa della materia. Bisogna far emergere l’eleganza e la raffinatezza, come con una pietra preziosa, che non cambia la propria natura ma risplende luminosa per l’intervento del lavoro dell’artista.

Le sue creazioni sono molto apprezzate da importanti marchi del lusso con cui collabora. Qual è il suo concetto di lusso?

Lusso è una parola abusata, come “amore”, come “artista”, e per questo ha perso identità. Mi confronto spesso con persone che potrebbero permettersi quasi tutto, ma che cercano qualcosa di unico e fatto su misura per loro: un’emozione che il lusso commerciale non è più in grado di offrire. In bottega cerchiamo di realizzare i loro sogni.
Il lusso è cultura, è storia, è arte. È una pratica minuziosa, che mette in evidenza la bellezza dei dettagli. Una pratica che meriterebbe di essere sostenuta e tutelata di più, non solo dal lavoro assolutamente encomiabile di realtà come la Fondazione Cologni ma anche dalle istituzioni, per salvaguardare artigiani, artisti e tradizioni.

C’è qualche progetto che non ha ancora realizzato?

Non c’è mai una fine a ciò che si può creare: ogni giorno va alimentato con nuovo nettare. In tutte le botteghe è la sperimentazione a guidare la ricerca del nuovo, e il nostro mondo ci offre sempre qualcosa di nuovo da raccontare. La creatività non conosce confini.

 

 

 

 

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