Figlio di un artigiano, orafo e corallaio, Platimiro Fiorenza ha mosso i primi passi nella bottega del padre. Nasce a Trapani nel 1944, e fin da bambino comincia a lavorare l’oro, l’argento, il corallo, a fare le sue prime incisioni, a conoscere le pietre. Un mestiere che gli appartiene e che padroneggia con grande maestria, dando vita a opere d’arte sontuose, ricche di particolari e contemporanee. Una delle sue opere più prestigiose è oggi conservata presso i Musei Vaticani. Platimiro Fiorenza per il suo indiscusso saper fare e in quanto erede eccellente di una tradizione antica è stato insignito del riconoscimento MAM-Maestro d’Arte e Mestiere nel 2018.

Ci racconti la sua storia.

Sono figlio di un artigiano orafo corallaio, sono cresciuto nella bottega di mio padre, e a soli 7 anni cominciai a lavorare l'oro, l'argento, il corallo, a conoscere le pietre e a fare le mie prime incisioni, attirando così l’attenzione e l’interesse del maestro scultore e pittore trapanese Domenico Li Muli. L’ultimo vero “curaddaru” (corallaio) fu mio padre Pasquale Fiorenza. Nella sua bottega la professione veniva concepita all’antica, il lavoro iniziava dai bozzetti in disegno che poi venivano ultimati: l’artigiano doveva saper disegnare, incidere, incastonare. A 14 anni mi iscrissi alla scuola di arti e mestieri di Trapani, allora sita nella piazzetta di San Francesco di Paola “Santo Padre”. Le materie che preferivo erano ornato e plastica.

La mia più grande fonte di ispirazione è sicuramente legata a tutta la storia dell'arte, ho sempre pensato che i veri grandi maestri, sono gli artigiani dei tempi antichi che riuscivano a realizzare grandissimi capolavori con strumenti rudimentali

Amo il corallo per le sue forme particolari che mi ispirano quotidianamente per la realizzazione di oggetti davvero unici.

Come professore di plastica avevo il professor Li Muli, il cui laboratorio ho frequentato per circa cinque anni. Proposi al professore di incidere alcuni cammei, ma la scuola era sprovvista dei materiali necessari, così lo dissi a mio padre che, ben contento di questa mia esperienza di lavoro, mi affilò per bene una “scarpina”, bulino dalla punta piatta. Quello che mi accingevo a fare era un lavoro di cui i professori avevano solo sentito parlare, la curiosità che destai fu immensa. La passione per l'arte mi portò anche a cimentarmi in ambito pittorico. A 20 anni partii per Milano dove iniziai un rapporto di collaborazione con il grande scultore Giò Pomodoro. Dopo aver acquisito ancora maggiore esperienza, decisi di tornare nella mia città perché la nostalgia di Trapani chiamava. Aprii una nuova bottega che trasformai in un laboratorio per tanti giovani, provenienti da tutta la Sicilia, desiderosi di imparare l'arte, ai quali trasmetterne con passione le conoscenze e i segreti. Ad oggi mi ritrovo ancora in questa bottega a lavorare e insegnare con grande entusiasmo.

Perché ama così tanto il corallo? Cosa prova quando lavora questo materiale?

Amo il corallo per le sue forme particolari che mi ispirano quotidianamente per la realizzazione di oggetti davvero unici. Ogni giorno è una sfida nuova, riuscire a ricavare un'immagine o un opera; lo amo soprattutto per i suoi colori dal bianco al rosso vivo, quel rosso che in tempi antichi veniva associato al sangue di Cristo. Provo grandi emozioni quando lo lavoro e grandi soddisfazioni quando ternino le opere.

Qual è il processo di raccolta e selezione del corallo?

L'attrezzo per secoli destinato alla pesca del corallo è stato l’"Ingegno", (ossia congegno) formato da due grosse assi di legno disposte a croce (croce di Sant'Andrea), da cui pendono grappoli di reti destinati a raccogliere i pezzi di coralli divelti dall'ingegno. L’ingegno veniva calato in mare e trascinato, talvolta perfino a 150 metri di profondità, e tirato su e giù. Questo movimento, sommato al movimento della barca, faceva sì che i rami presenti sugli scogli restassero impigliati alle reti e strappati via. Negli anni '70 sono stato uno dei primi a denunciare questo metodo invasivo di pesca, nonostante lavori il corallo ne ho grandissimo rispetto e ho sempre ritenuto sbagliato e distruttivo questo sistema di raccolta. Fortunatamente dal 1994 la CEE ha emanato divieti tassativi all’uso dell’ingegno o Croce di S. Andrea, che distruggeva intere barriere per la raccolta di una minima parte di corallo e ha regolato attraverso una norma la raccolta a cura del subacqueo. Tale sistema è molto più selettivo in quanto, con la piccozza, il subacqueo recide soltanto il corallo limitando al massimo distruzioni e inutili dispersioni e asportando il ramo senza danneggiare l’intera coltivazione. Una volta pescati i rami si procede alla selezione sia per qualità che per il colore.

A cosa si ispira per realizzare le sue opere?

La mia più grande fonte di ispirazione è sicuramente legata a tutta la storia dell'arte, ho sempre pensato che i veri grandi maestri, sono gli artigiani dei tempi antichi che riuscivano a realizzare grandissimi capolavori con strumenti rudimentali. Quando realizzo un oggetto, anche con stili prettamente contemporanei, cerco sempre di approfondire quelle tecniche e quei saperi del passato che fanno si che l'oggetto possa diventare un pezzo unico e di grande pregio.

Qual è l'opera più incredibile realizzata? Quanto tempo ha impiegato per compierla?

Risale al 1988 e impiegai sei mesi per realizzarla: un calice di 33 cm in oro, corallo e pietre preziose, eseguito con la tecnica del retroincastro tipica del trapanese, realizzato per la Cattedrale di Monreale, commissionato dalla Diocesi, in occasione del decennale della nomina di Mons. Salvatore Cassisa e Arcivescovo di Monreale. Nel 1993 realizzai, in 9 mesi, l’opera più prestigiosa per il Vescovato di Trapani: una “Madonna di Trapani”, alta 34 cm, in oro, corallo e pietre preziose, attualmente esposta ai Musei Vaticani.

Ha eredi in bottega?

Sono molti i giovani usciti dalla mia bottega, attualmente il mio erede principale è mia figlia Rosadea che dal 2013 ha avviato il progetto culturale “RossoCorallo”, nato nel 2012 da una sua idea, con lo scopo di diffondere la conoscenza del territorio trapanese raccontato attraverso i miei manufatti, la tradizione artistica della lavorazione del corallo, da sempre caratterizzante la mia città. Questo progetto è cresciuto molto negli anni e ha portato anche molta visibilità al mio mestiere. Ho inoltre un altro ragazzo che lavora con me ormai da circa 20 anni, è stato mio allievo quando insegnavo e dopo il diploma ha deciso di seguirmi nella mia bottega.

Cosa significa essere MAM?

Per me essere MAM è un grande vanto, sono molto orgoglioso del premio che ho ricevuto e ho un ricordo bellissimo della premiazione, tengo ancora il premio e il libro esposti nella mia bottega. Per me è una grande soddisfazione aver ricevuto questo riconoscimento d'eccellenza, che sostiene e incoraggia noi produttori del made in Italy in un periodo così difficile e decadente per tutta la filiera artigianale. Approfitto di questa intervista per ringraziare tutti voi che attraverso il vostro lavoro tutelate mestieri ormai in via di estinzione come il mio.

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