Che formazione hai avuto? E quanto ha influito nella scelta di questo mestiere?
L'istinto iniziale é stato quello di non fare ceramica, preferendo altre strade creative. Ho lasciato che fosse la "terra" a chiamarmi al momento giusto. Essere nato in un contesto familiare di antica tradizione classica non é stato semplice. La mia formazione é pressoché atipica. Ho scelto di fare la scuola per geometri , perché molto attratto dall'architettura, e ogni estate ( come quasi tutti i miei coetanei ) lavoravo in qualche fabbrica di ceramica, svolgendo varie mansioni. Finita la maturità scolastica, ho lavorato per due anni nel settore della progettazione di mobili, prima di intraprendere il percorso dell'Accademia di Belle Arti di Venezia.
Mi sono dedicato alla pittura, alla fotografia, all'uso di vari materiali fino al 2008, anno in cui decisi che era giunto il momento di fare ceramica.
Il mio approccio é stato quello di usare la ceramica non per un fine funzionale ma facendo prevalere l'aspetto artistico. L'esperienza del corso di Decorazione B con il Professore Gaetano Mainenti, mi ha fatto crescere fondendo una visione d'artista con l'indole artigiana delle mie origini.
Mi sento un "artiere", citando la definizione coniata dal critico Enzo Biffi Gentili, penso come un artista e plasmo come un artigiano. Nel 2009, grazie alla mia compagna Chiara che risiedeva all'estero, ho iniziato a spostarmi e a vivere prima a Parigi ed in seguito a Bruxelles. Un periodo di circa quattro anni in cui mi sono arricchito e confrontato con realtà molto importanti e dove ho potuto far conoscere ed esportare il mio lavoro.
Partendo dall’antica tradizione di Nove hai deciso di sperimentare un linguaggio contemporaneo. Raccontaci come nascono le tue opere.
Il '900 ha visto nascere a Nove un filone di ricerca avanguardistica della ceramica di enorme importanza. Maestri come Giovanni Petucco, Pompeo Pianezzola, Federico Bonaldi, Alessio Tasca, Cesare Sartori hanno forgiato interpretazioni e realizzazioni in ceramica ancora oggi uniche nel panorama internazionale.
Una fase, quindi, di espressione artistica molto importante abbinata ad uno sviluppo industriale altrettanto impattante nella storia del paese.
Nel momento in cui decisi di intraprendere la via della ceramica, Nove affrontava, d’altra parte, uno dei momenti più difficili a livello economico della seconda metà dell'900. Era in atto una gravissima crisi del settore. La Nove che ricordavo durante le mie esperienze da giovane lavoratore estivo, non esisteva più. Tante aziende furono costrette a chiudere, generando un scenario di abbandono diffuso ancora oggi visibile. Un'atmosfera decadente che mi portò a fare una scelta creativa alquanto coraggiosa visto il contesto in cui ero nato: immortalare attraverso la decorazione l'atmosfera che mi circondava in quel preciso momento storico su forme tipiche della tradizione. Il passo successivo fu quello di mettere mani alle forme abbandonate.
Iniziai a perlustrare i luoghi dell'abbandono dove si accalcavano migliaia di stampi, attrezzature, colori, materiali . Un archivio disordinato diffuso della storia di una comunità che ha fatto delle ceramica la sua unica ragione di vita. Ho capito che per me fare ceramica significava mettere in atto una metamorfosi del tempo: riprendere la storia della mia terra per evolverla e farla rinascere sotto forma di qualcosa di nuovo.
Nel mio processo creativo il mio atelier è Nove stessa. Visito fabbriche in funzione, stamperie abbandonate, una discarica di forme vecchie distrutte. Mi relaziono con le maestranze del luogo. Mi lascio trasportare dalle sensazioni che tutti questi luoghi mi danno e poi inizio ad estrapolare singoli elementi che messi insieme generano la forma nuova. Rimetto insieme frammenti di un tempo vissuto secondo una mia personale visione.
La tua ricerca artistica spazia attraverso l’uso di diversi materiali. Quali sono e con che tecniche li lavori?
Nel mio percorso mi sono relazionato con diversi materiali e tecniche a seconda della ricerca che svolgevo. Ho iniziato a metà del anni '90 con gli spray e i graffiti su muro, quando ancora in Italia non esisteva la definizione "street art". Durante il percorso accademico, mi sono dedicato alla pittura su tessuto, mixando varie tecniche: dagli spray agli acrilici, dai sintetici alle aniline per legno.
Nell’atelier che occupavo in quel periodo, un’enorme fabbrica abbandonata di ceramica, iniziai un serie di lavori di restauro di frammenti dello spazio stesso, attraverso l'uso di vari materiali e tecniche. Dal 2008 la ceramica rappresentò la mia linea di ricerca e sviluppo maggiore, alternata a qualche pittura su tessuto o restauro site-specific in luoghi abbandonati .
Qual è la tua clientela?
La mia produzione si sviluppa su diversi canali e livelli distributivi. Realizzo principalmente pezzi unici che vendo attraverso delle gallerie d’arte o direttamente a una serie di collezionisti che seguono il mio lavoro. Collaboro con alcuni marchi di eccellenza artigiana italiana per i quali realizzo dei modelli in esclusiva. Realizzo dei progetti site-specific per musei e residenze che mi invitano a mettere in atto il mio metodo di lavoro. Ho creato una collezione di modelli in ceramica che realizzo in piccole serie e che vendo direttamente a dei miei clienti o attraverso dei negozi selezionati.
Pensi che i giovani possano essere interessati a intraprendere questa attività?
Negli ultimi anni ho visto che il lavoro artigianale sta avendo una grande importanza da parte dei media e dall'opinione pubblica. Una seconda vita é in corso sotto una nuova forma molto legata alla tecnologia. I giovani sono attratti dal lavoro manuale in diversi settori. Mentre vivevo all'estero, ho constatato che già da anni i giovani che vogliono diventare artigiani sono sostenuti e incoraggiati. Ci sono scuole di mestieri eccezionali e corsi di laurea che ti formano a diventare un'artista contemporaneo che usa la ceramica. In Italia siamo un po' indietro. Abbiamo perso di vista le scuole di mestiere e invogliato troppo i giovani a fare altre scelte. Ma il vento sta cambiando e, la cosa importante da fare ora é tenere le vele aperte.