Il Museo d’arte Adachi si trova nella Prefettura di Shimane, nella regione di Chugoku, che si affaccia sul Mar del Giappone.

Situato nella campagna giapponese, il Museo Adachi ospita importanti collezioni di arte nipponica (tra cui le opere di Taikan Yokoyama, uno dei maggiori pittori del Paese) e attrae ogni anno circa 600.000 visitatori, dal Giappone e dall’estero.

Il Museo e suoi giardini furono creati nel 1970 (Periodo Showa, 1926-1989) per volere di Zenko Adachi, un uomo d’affari che in essi investì il proprio patrimonio personale.

Dal 2003, la rivista americana “Journal of Japanese Gardening” considera questi giardini come i più belli del Paese. I giardini si estendono su una superficie di 165.000 metri quadri e consistono in sei aree – tra cui il “Giardino Secco” e il “Giardino della Ghiaia Bianca e del Pino” – piantumate con più di 1.000 esemplari di 80 specie diverse. Le pietre che compongono i giardini provengono dalla zona di Okayama e da altri siti; all’interno dei giardini è stata creata anche una cascata artificiale.

Nobuhiko Kobayashi, il Capo Giardiniere, ha condiviso con noi il segreto della manutenzione dei giardini, che conservano la loro straordinaria bellezza in tutte le stagioni.

Invece di insegnare loro ogni singola operazioni, li incito a osservare, a imitare i nostri gesti e poi a fare da soli.

Non c’è niente che si possa aggiungere a questi giardini; quando la gente dice che sono belli, noi dobbiamo renderli ancora più belli.

Cosa la ha spinta a diventare giardiniere?

Sono nato a Kyoto dove, da piccolo, ero affascinato dal giardiniere che si prendeva cura del giardino di casa nostra: ho sempre ammirato la perizia con la quale questi artigiani usano le cesoie. E ho pensato che fosse un lavoro adatto a me. Dopo le medie, ho trovato impiego in una ditta che si occupava di architettura del paesaggio. Successivamente ho appreso il mestiere di giardiniere a Kyoto, e ho lavorato in questo museo per gli ultimi 22 anni.

In cosa consiste il suo lavoro di Capo Giardiniere?

Mi occupo di tutto, compresa la supervisione generale e la disposizione del giardino. Con me collaborano altri sei giardinieri. Io dirigo tutte le operazioni più complesse, come ad esempio prenderci cura, in una sola volta, dei nostri 800 pini rossi. Oltre alle attività più visibili, come ad esempio la potatura, curiamo il vivaio, dove facciamo crescere le piante che ci servono per rimpiazzare quelle che devono essere sostituite. Inoltre ci occupiamo delle rocce e delle pietre, della sabbia, dell’acqua e delle carpe nello stagno.... Ripariamo il muschio sollevato dagli uccelli e rimpiazziamo gli alberi in cattive condizioni, anche durante l’orario di visita. Il nostro lavoro si svolge secondo necessità.

A suo avviso, qual è la caratteristica più suggestiva dei giardini? E a quali dettagli prestate maggiore attenzione?

Credo che sia lo splendido “Paesaggio Prestato”, uno stile di architettura paesaggistica tipicamente giapponese. E credo che in tutto il Paese non vi sia un esempio altrettanto perfetto di “Paesaggio Prestato” continuo, che è la particolarità di questi giardini. Ci adoperiamo per far sì che sia reso sempre con la migliore prospettiva e con la gradazione più sofisticata, da qualsiasi posizione lo si osservi: da vicino, da media distanza e da lontano. In esso viene ricreata quella pienezza che chiamiamo “montagna”. Anche se sembra un “Paesaggio Prestato” senza alcuna interruzione, in realtà si estende attraverso strade e risaie.

Come definirebbe un giardiniere esperto?

Le piante sono creature viventi, ed è importante che siano impiegate e armonizzate in base al clima, e non al disegno che si vuole ottenere. Le pietre, ad esempio, non cambiano mai, ma gli alberi continuano a crescere. Per questo è importante ricercare sempre l’equilibrio giusto. Un giardiniere esperto sa prevedere cosa risulterà dalla combinazione dei diversi elementi, cosa che non sa fare chi possiede solo la competenza tecnica. Zenko Adachi stesso, il fondatore, non sapeva disegnare. Per questo il progetto originale del giardino fu affidato alla collaborazione di giardinieri esperti. Ma fu Zenko Adachi che lo mise a punto, con la sua attenzione ai dettagli. Creò questi giardini nel suo stile, pensando alle persone che lo avrebbero ammirato. Come lui stesso amava ripetere “un giardino Giapponese è un dipinto vivente”. E io stesso ho sempre creduto profondamente in queste parole. Questi giardini vanno vissuti come un dipinto vivente.

Quali aspetti del suo lavoro continuano a entusiasmarla?

Ci rende molto felici sentire la gente che dice che il nostro è un giardino bellissimo. Alcuni dei nostri giardinieri sono molto giovani, tra i quindici e i venticinque anni. Sono disposti a lavorare sodo, e hanno scelto autonomamente questo mestiere, perché erano affascinati da questi giardini. Invece di insegnare loro ogni singola operazioni, li incito a osservare, a imitare i nostri gesti e poi a fare da soli. Voglio che imparino un po’ per volta, anche se questo comporta fare degli sbagli. Io stesso, che lavoro da quasi 40 anni, ho ancora tanto da imparare, proprio come un apprendista. Non c’è niente che si possa aggiungere a questi giardini; quando la gente dice che sono belli, noi dobbiamo renderli ancora più belli. Questo dovrebbe sempre essere il nostro unico obiettivo.