Abbiamo intervistato Marco Fracassi, il responsabile artistico della bottega organara Casa Pedrini Cremona Organi.

Come ha iniziato questa attività?

La famiglia Pedrini aprì la ditta nel 1908; mia madre è una Pedrini. L'attività è stata trasmessa di generazione in generazione. Il lavoro me lo sono trovato in casa, ma è un lavoro che fortunatamente mi piace, e in maniera viscerale. Sono diplomato e concertista, e il mio ruolo di responsabile artistico e curatore della parte fonica dello strumento non fa altro che soddisfare le mie istanze interiori di musicista.

Ogni fase della lavorazione è eseguita manualmente dalle nostre maestranze: qui facciamo tutto, dalle canne lignee o metalliche ai finimenti decorativi.

Quanto lavoro ci vuole per costruire un organo?

Se un organo va dai 3 ai 40 registri circa (dove per registro si intende una fila di canne dal timbro omogeneo), un organo di media grandezza richiede sette/otto mesi di lavoro, a cui però affianchiamo l'attività di restauro di organi antichi. Ogni fase della lavorazione è eseguita manualmente dalle nostre maestranze: qui facciamo tutto, dalle canne lignee o metalliche ai finimenti decorativi.

Su che basi viene disegnato un vostro organo?

Per disegnare uno strumento bisogna immaginarlo già all'interno della struttura di destinazione. Ad esempio un anno fa abbiamo inaugurato un organo a Modena, nella Chiesa di Gesù Redentore: l'ho progettato assieme all'architetto della chiesa man mano che il cantiere cresceva. Un'esperienza decisamente soddisfacente e stimolante. Non solo l'aspetto esteriore dell'organo deve inserirsi perfettamente nello stile architettonico di destinazione, ma anche la sonorità finale deve essere studiata appositamente. Spesso è lo stesso committente ad avere delle richieste specifiche, oppure i suoi consulenti organisti, che possono preferire sonorità nord-europee, francesi, italiane rinascimentali e così via. Il mio lavoro è quello di trovare una sintesi tra queste esigenze e il mio personale desiderio di espressione artistica nel campo dell'organaria. La costruzione di copie di strumenti antichi mi lascia del tutto indifferente, non mi mette in tensione creativa.

Quanto conta la tradizione e quanto le idee nuove e le tecnologie moderne?

L'organo ha venticinque secoli di storia continuativa, una tradizione infinita, ma come nessun altro ha avuto anche un'evoluzione insuperabile: nessun artigiano come l'organaro è così sperimentatore, inventore, ricercatore di ausilii sempre nuovi per chi suona... contrastare questa storia di evoluzione sarebbe antistorico e anticulturale. Contemporaneamente rimane il grande rispetto che si deve in fase di restauro ai documenti del passato, su cui non si può e non si deve sovrapporre un gusto personale, ma leggere il documento nella miglior maniera possibile, per meglio restituirlo.

Come vede il futuro dell'organo?

L'organo è uno strumento di tale duttilità e forza espressiva che non teme l'oblio o la desuetudine. Strumento da sempre legato alla Chiesa, è forse tempo che si mostri con più frequenza anche nelle sale da concerto. Vedo molti segnali positivi: i concerti d'organo sono frequentati da un pubblico giovane e possediamo in Italia eccellenti organisti di età compresa tra i trenta e cinquant'anni che possono reggere la carriera internazionale, dando filo da torcere ai "vecchi maestri".

Cosa si augura per il futuro della sua attività e dell'organaria in generale?

Mi auguro che il comparto organario possa crescere di qualità per presentarsi al mondo senza complessi di inferiorità, soprattutto di fronte a nazioni come Francia e Germania dove da sempre ci si interessa a questi temi, e con maggiore impegno istituzionale. Per quanto mi riguarda spero di potermi ancora esprimere seguendo la mia istanza interiore per quanto riguarda i nuovi strumenti e di coltivare ancora l'interesse per lo studio filologico nel restauro di quelli antichi. Quando sarà tempo, passerò il testimone a quelli che ora sono i giovanissimi della famiglia, che stanno crescendo già appassionati di questo lavoro.