Il mestiere me lo sono "trovato"addosso. La fornace è vicino a casa e fin da piccolo facevo i miei giochi di bambino tra gli operai, che erano tutti come zii.

Durante le vacanze estive, ancora ragazzo, imparavo il mestiere a bottega. Tutta la mia famiglia ha una vera passione per questo lavoro. Mio figlio, a tre anni, gironzola già tra gli artigiani come facevo io.

Quanto la tradizione imprunetana ha influenzato il vostro lavoro e le forme dei vostri manufatti?

La nostra ditta è situata accanto a una fornace che risale al 1200. Nel 1919 il mio bisnonno prese la fornace e avviò l'attività di famiglia. Fino agli anni Cinquanta la produzione era quella tradizionale imprunetana: si sfornavano ad esempio articoli per l'edilizia e i classici orci, dotati di peculiare inerzia termica, per la conservazione degli alimenti. Dal 1946, cioè quando l'esportazione verso la Germania divenne massiccia, la Poggi Ugo dovette fare i conti con il gusto tedesco, che chiedeva forme più sobrie e funzionali. Nel 2002 si decise per un'altra svolta: dare agli oggetti linee dal design innovativo, ma al contempo non troppo esasperato, per permettere la "durata del gusto", ossia dell'apprezzamento, per un oggetto che ha una durata di decenni e la cui estetica dovrà sopravvivere al cambiamento delle mode.
La manifattura è ora specializzata in pezzi destinati all'arredo da giardino, ma assieme agli oggetti di design continuiamo a produrre vasi tradizionali come quelli medicei, festonati e stemmati.

In pratica non usiamo nemmeno Autocad. L'innovazione sta nella collaborazione con i designer per la creazione di forme nuove. Lavoriamo anche su disegno e su misura, e questo è senz'altro uno stimolo.

Quando l'artigiano sta attento alla bellezza dell'oggetto e alla soddisfazione del cliente non importano particolari come il prezzo.

Cosa viene fatto a mano e cosa a macchina?

Lavorano con noi dodici artigiani. Viene fatto tutto a mano, principalmente con tre diverse lavorazioni: il calco a mano, la tecnica a guscio, il colombino. Il calco viene fatto a mano per dare al materiale una pressatura meno violenta e improvvisa di quella che darebbe la macchina. La tecnica a guscio consiste invece nel ricoprire un modello rovesciato con larghe strisce d'argilla che vanno a formare l'oggetto. La terza tecnica, che si usa anche per vasi molto grandi, è la più nobile e anche quella più difficile, ossia la tecnica del colombino senza l'uso di nessun modello, a mano libera.

Qual è il vostro rapporto con le nuove tecnologie?

In pratica non usiamo nemmeno Autocad. L'innovazione sta nella collaborazione con i designer per la creazione di forme nuove. Lavoriamo anche su disegno e su misura, e questo è senz'altro uno stimolo. Una delle poche novità apportate alla lavorazione è stata applicare l'ingobbio a pennello sull'oggetto fresco, nei casi in cui ci richiedono un manufatto di un colore particolare.

Lei ha parlato di designer che collaborano con voi. Si può dire che conoscano la materia protagonista dei loro progetti?

Non sono d'accordo con quegli artigiani che guardano dall'alto in basso i designer ritenendoli persone non qualificate per proporre la loro visione, perchè non "del mestiere". Ovviamente gli esperti di terrecotte siamo noi, e proprio per questo dobbiamo cercare di guidare i loro disegni in senso di una maggiore fattibilità, ma nel frattempo anche trovare delle soluzioni possibili alle sfide che ci propongono.

Qual è la clientela che acquista le vostre opere?

Esportiamo in 30 Paesi del mondo e il 70-80% dei nostri clienti è straniero. Da pochi anni notiamo un po' più giovani tra i nostri acquirenti, spesso architetti o designer.
Tutti i nostri clienti sono interessati fondamentalmente alla qualità dei nostri prodotti. Quando l'artigiano sta attento alla bellezza dell'oggetto e alla soddisfazione del cliente non importano particolari come il prezzo. Il vaso deve essere il più bello e proporzionato possibile. Prendendo ad esempio un vaso di 2 metri di diametro, al momento di deciderne l'altezza, anche un centimetro in più o in meno per noi fa la differenza. Non ha senso cercare di avere il prezzo più basso rispetto alla concorrenza, la concorrenza la facciamo sulla qualità.

Come percepisce il ruolo delle istituzioni nella gestione, promozione e protezione dei mestieri d’arte?

Non ci sono sostegni da parte delle istituzioni. A volte capita che propongano una fiera, ma con il target sbagliato. A volte si fa più politica che gli interessi dell'artigianato.
Nel 1990 è stata fatta una legge, la 188, per la "tutela della ceramica artistica e tradizionale e della ceramica italiana di qualità". Una legge sulla carta importantissima ma che a livello pratico è rimasta un po' lettera morta, soprattutto a Impruneta. Sono state individuate 35 città "CAT" ossia che rispettano nella produzione gli standard della ceramica artistica tradizionale. Impruneta è una di queste, ma non si è mosso nulla, il marchio di tutela non è stato fatto.

Cosa potrebbero fare di utile le istituzioni?

Parlando anche solo di una realtà come Firenze, bisognerebbe fare un censimento degli artigiani storici, per orientare le persone che per restaurare un mobile antico o arredare il proprio giardino non sanno neanche a chi rivolgersi. Bisogna creare l'esigenza del cliente.
Le istituzioni potrebbero dare qualche aiuto economico mirato, aprire degli uffici pubblici dedicati e un sito internet che sia un polo di riferimento per tutti gli artigiani.

I giovani sono interessati al suo mestiere? Ha dei collaboratori giovani?

Negli anni Ottanta era diventato davvero difficile trovare ragazzi che volessero intraprender questo mestiere. Ora ce n'è di più, spesso sono stranieri. Specifiche scuole di formazione in questo settore non esistono, ma non è grave, l'importante è che i ragazzi vengano a imparare da noi, sul campo.