Cosa ci racconti del distretto di Dergano invece?
Il distretto è nato due anni fa, quando Licia Martelli, il nostro presidente, si è presa la briga di andare a conoscere tutte le botteghe della zona, riunendo così circa 11 botteghe, che si sono riunite da un lato per cercare di condividere la propria esperienza sui materiale e le proprie conoscenze, dall'altro per cercare di creare una rete forte che possa servire per far fronte alle difficoltà professionali che negli ultimi anni hanno pesato abbastanza sull'economia di piccole botteghe come le nostre.
E che tipo di attività avete sviluppato con il Distretto?
Per primo ci ha contattato il Politecnico di Milano, sia con delle attività di collaborazione sia con alcuni workshop; abbiamo anche realizzato diverse mostre con le nostre autoproduzioni, cercando di farci trascinare più che da una logica di mercato da una voglia di "fare", realizzando anche alcune attività dentro il quartiere per poter dare più spazio ai giovani che vivono nella nostra zona.
Abbiamo esposto alla Triennale e lì ho conosciuto l'architetto la Pietra, con cui recentemente abbiamo collaborato ad un progetto per Creative Academy e Van Cleef & Arpels.
Di che tipo di progetto si tratta?
Questo progetto riguardava il lavoro tra l'artigiano e il progettista, diciamo che era la prima volta che gli studenti del master della Creative Academy venivano chiamati a seguire direttamente le fasi di lavorazione di un loro progetto, lavorando non solo nella fase del disegno, ma a stretto contatto con il ceramista, il falegname o nel mio caso il fabbro che ha realizzato la loro idea.
Nel progetto che ho seguito, abbiamo lavorato sulle diverse materie e sulle diverse finiture, cercando di raffinare moltissimo l'oggetto, quasi come se fosse un lavoro di gioielleria.
Nella vostra bottega ci sono stati degli apprendisti?
Sì, qui c'è sempre stata una formazione continua, io sono molto propenso a trasmettere le conoscenze che ho a tutti quelli che incontro, perchè credo che serva sia a me sia alla persona che mi sta davanti.
Alcuni giovani sono più affascinati dall'idea "romantica" del fabbro come lavoro arcaico, altri invece come Nicolò Mulazzani, che è venuto qui da noi a bottega nel 2007, sono interessati all'aspetto professionale e pratico. Mulazzani è stato assunto recentemente all'Ansaldo come "strutturista", ma appena può torna qui in laboratorio a lavorare con noi.
La vostra clientela come si è evoluta?
Diciamo che siamo partiti appunto da una realtà più underground come quella di locali e negozi, poi nel tempo abbiamo sviluppato una maggiore professionalità, adesso lavoriamo con architetti e privati e anche nel restauro conservativo di alcuni pezzi straordinari presenti sul territorio di Milano.
Ci sai indicare a Milano degli esempi di utilizzo storico del ferro battuto?
I pezzi più belli sono quasi sicuramente quelli di Alessandro Mazzuccotelli: dietro al Duomo ci sono diverse vie che ospitano opere incredibili, tra cui quelle dei balconi in via Spadari, realizzate proprio con la tecnica del bassorilievo.
Tutti i fregi sono stati forgiati a mano nelle scuole dell'Umanitaria di inizio secolo.