Ci racconti la sua storia: come si è avvicinata, come designer, al mondo dell'artigianato artistico?
Sono architetto e designer, sono nata e vivo a Milano, dove ho studiato e lavoro: una città che ha storia e cultura nel campo dell’architettura, del design e delle arti figurative. La mia formazione è profondamente radicata in questo contesto. Il design e l'architettura sono un continuum, hanno lo stesso approccio progettuale su temi e tecniche diverse e il gioiello per me è un oggetto di design. Fondamentale è l’approfondimento dei temi, delle tecniche esecutive e processi produttivi artigianali e industriali, per cui esiste anche una specializzazione progettuale. L’idea e l’esperienza della contiguità tra architettura e design mi ha portato a disegnare e produrre oggetti per la casa, accessori e gioielli. Progettando case, gli spazi esterni ed interni, l’arredamento, i mobili, gli oggetti d’uso e l’apparato decorativo, ed entrando in profondità nei dettagli sia del progetto che dell’esecuzione, ho pensato di far tesoro di questa stimolante esperienza a tutto tondo per iniziare una nuova avventura, ossia autoprodurre con il marchio Alba Gallizia Design oggetti di arredamento e con il marchio Algares accessori e gioielli.
Perché crede che lavorare con gli artigiani italiani sia un valore aggiunto?
Fondamentale è stato per il mio progetto l’incontro con eccellenti artigiani italiani, che sanno produrre oggetti raffinati frutto di lunghe e complesse lavorazioni. Il pensiero di questi artigiani straordinari, la cui sopravvivenza è minacciata dagli alti costi di produzione, e oggi dalla spaventosa crisi che già si profila a seguito della pandemia, mi rende sempre più chiaro che il connubio tra design e alto artigianato sia l’unica possibilità di sopravvivenza per entrambi questi mondi. Il patrimonio con cui l’Italia può competere nel mondo produttivo è costituito proprio da queste sue risorse, che hanno radici antiche nel mondo delle arti maggiori e minori, e di cui le città italiane sono l’emblema. Si parla ormai di “industrianato”, connubio tra produzione industriale e design da una parte e lavorazione artigianale di eccellenza dall’altro, per creare prodotti sempre più personalizzati. Quel Made in Italy richiesto e apprezzato soprattutto al di fuori dei nostri confini.
Quali sono i materiali con cui le piace sperimentare?
In realtà molti materiali sono interessanti, l’idea che mi ha guidato è stata quella di sviluppare nuovi progetti proprio a seconda dei materiali e delle relative lavorazioni artigianali. Ho avuto una lunga e proficua sperimentazione con Marco e Massimo Vigo che lavorano il cocciopesto, adoperandolo per i pavimenti e rivestimenti in alcune case in Liguria, e dare così una destinazione diversa a questo meraviglioso materiale. Già utilizzato in epoca romana, è un materiale naturale usato prevalentemente per rivestimenti e pavimentazioni, composto da frammenti di laterizi minutamente frantumati. La mia idea è stata quella di impiegarlo per realizzare oggetti di arredo e gioielli coinvolgendo sia i fratelli Vigo di Campo Ligure sia il laboratorio bronzista Padoa di Milano per la loro grande perizia artigianale, e l’entusiasmo nel collaborare a questa sperimentazione. Ferruccio Padoa ama le sfide: riesce a ricavare le forme più strane e originali dalla lastra di metallo, grazie alla sua fantasia e perizia. Nella sua bottega ascolta e accoglie le richieste dei suoi clienti, modellando il materiale in forme sempre contemporanee e poetiche. Attualmente sto sviluppando un progetto di posate e oggetti per la tavola in argento e ottone brunito, in cui saranno inseriti dei cammei in ceramica, opere dell’artista milanese Letizia Cariello: la serie di oggetti sarà realizzata dall’Argentiere Daniele Bonomi, specializzato in gioielli e oggetti per la casa, e dal bronzista Padoa, un mix tra arte, design e artigianato. Mettere in contatto e in collaborazione competenze diverse, realizzare per così dire sodalizi virtuosi, è lo scopo principale del mio lavoro ed è ciò che amo fare.
Quanto è importante il dialogo tra designer e maestro artigiano?
Per me è fondamentale, ogni mio progetto è discusso con chi lo realizza, non solo perché sia fattibile, ma anche per eliminare il superfluo che indebolisce l’oggetto. Penso sempre alla citazione di Mies Van Der Rohe “less is more”. L’essenzialità è una difficile conquista e questo è anche il mio motto.
Qual è l'opera a cui è più affezionata?
Non è facile rispondere, ma penso che siano quegli oggetti che contengono un’idea nuova, per esempio il candelabro Helios fatto di pezzi assimilabili che possono essere composti in varie maniere e creare una catena infinita; la borsa Senato che è una borsa da spalla che si trasforma in zaino agendo sulle cinghie; la collana Oglass pensata per appendere gli occhiali e tutti gli oggetti con il cocciopesto, componenti di arredo e gioielli, che hanno richiesto una lunga sperimentazione con i Vigo. Questa famiglia artigiana ligure da tre generazioni preserva l'antico mestiere della lavorazione di questo materiale, con l'intento di restituire dignità e bellezza al patrimonio artistico che gli antichi maestri ci hanno tramandato.