Qual è il suo rapporto con le nuove tecnologie?
Io lavoro sperimentando sempre nuove forme d'incisione, ma penso proprio che la rilevanza di questa arte stia nella forza che hanno i gesti artistici che si creano sulla lastra e che vengono trasmessi sulla carta.
Oggi gli artisti sono affascinati dal video, da internet e dalle nuove tecnologie: lo capisco perché è quello il mezzo che si usa al giorno d'oggi. Ma succede anche che l'artista si concentra troppo sul mezzo e non sul messaggio, e alla fine non dice più niente.
Ho visto alcuni artisti che lavorano solo con tecniche digitali, poi venivano in atelier e incidevano una lastra e io non riuscivo più a mandarli via, sembravano ritornati bambini. Un bravo artista deve riuscire a dominare la tecnica, e non farsi dominare.
Nella società globalizzata, quali sono le prospettive per i maestri d'arte?
Il mercato globale è molto vantaggioso, anche perché l'Italia non ha mai avuto un grande collezionismo di Stampe: si lavora molto di più con gli Stati uniti o con la Francia e la Germania. Comunque io faccio le stesse cose, il problema più marcato è la mancanza di gusto. Ormai le persone non hanno più il gusto che le guida, ma guardano sempre le stesse cose, appiattendo il mercato.
Negli anni 60/70 c'era un forte collezionismo straniero, vivace; adesso se voglio realizzare le mie edizioni devo rischiare io in prima persona: adesso sto preparando un libro con una stampatrice giovane, ma molto brava: ci saranno le sue incisioni e delle poesie in Cirillico di Oleg Prihodko.
Come percepisce invece il ruolo delle istutuzioni della gestione, promozione e protezione dei mestieri d'arte?
Dunque tutto il mio archivio è custodito a Mendrisio, all'università della Svizzera Italiana, Archivio del 900.
Ho anche avuto una mostra personale all'istituto nazionale per la grafica di Roma e, poche settimane fa sono venuti a girare un documentario su di me per conto di RAINEWS. Fortunatamente si ricordano di me ogni tanto, ma gli aiuti sono comunque sempre sull'esposizione e mai sulla realizzazione, diciamo che lo stato non ti aiuta dove è più difficile.
Per un anno ho avuto anche una Cattedra al Politecnico, facoltà di Design : insegnavo "Manualità", ma sono dovuto andare via perché il mio corso non aveva abbastanza iscritti.
Qual è il suo legame con il territorio, con il contesto nel quale lavora?
Non c'è un vero e proprio legame con Milano, cioè io il mio lavoro potrei farlo a Roma, New York o da qualsiasi altra parte, ma dovunque andrei mi farei subito spedire le mie macchine e i miei attrezzi. Solo così mi sentirei davvero a casa.
Ha degli assistenti? Come vivono i giovani la sua professione?
Di assistenti ne ho pochi, perché non voglio mettere su una fabbrica. Vengono, stanno in bottega per qualche mese e poi li incoraggio a prendere il volo e lavorare da soli, correre dei rischi. Arrivano da tutte le parti del mondo: Messico, Corea, Germania e anche dall'Italia.