Alba Cappellieri e Matteo Pirola

La mente, la mano e la macchina sono i tre punti da cui passa il piano metodologico del progetto, sul quale poi l’uomo costruisce tutti i suoi artefatti. In altre parole, dall’unione di teoria, pratica e tecnologia, si sviluppano tutte le azioni e le cose che determinano una cultura del design e che vede il tradizionale approccio artigianale essere alternativamente luce e ombra di una più contemporanea attitudine progettuale.

Dopo un’introduzione panoramica al ruolo di questi poli, degli approfondimenti storici e critici tra Rinascimento e Novecento ci portano alla conoscenza della sottile ma resistente e fitta trama tra “alto artigianato” e “alta tecnologia”.


Tra gli intrecci amorosi e progettuali che hanno spesso benedetto la passione del fare italiano, la visione umanistica universale ha sempre condotto la condizione umana al centro dell’innovazione, tra rivoluzioni silenti e progetti radicali. Lo sviluppo del design italiano ha profonde radici nella cultura artigiana in relazione all’architettura. È negli interni di inizio Novecento che la moderna storia del design si è accesa e lì gli artigiani conducevano praticamente ancora tutte le arti.


Con l’evoluzione delle tecniche e l’ideale democratico la figura dell’artigiano si è evoluta, spesso coincidendo con quella dell’imprenditore o del progettista e questa attitudine artigiana è ancora oggi ben presente negli autori contemporanei. E qui, tra ricerche autoriali e pratiche artistiche la relazione tra arte e design, attraverso l’artigianato, ha trovato nuovi luoghi di espressione.