Gabriella Sacchi incarna, nel suo percorso di vita personale e professionale, la figura dell’artigiano e del progettista, coniugando creatività e saper fare ai più alti livelli. Nel 1981 fonda a Milano il suo laboratorio Spazio Nibe, dove a tutt’oggi si dedica alla scultura ceramica e svolge attività culturali, di ricerca e di promozione nel campo della ceramica contemporanea. Nel 2018 viene insignita del premio MAM-Maestro d'arte e Mestiere, conferito da Fondazione Cologni dei Mestieri d'Arte in collaborazione con ALMA.

Ci racconti la sua storia. Qual è la sua formazione? Quando ha iniziato questo percorso?

Dopo aver frequentato il Liceo Artistico di Brera, mi sono laureata in Architettura al Politecnico di Milano nel 1975.

Ho iniziato a insegnare Educazione artistica e, parallelamente, ho aperto un laboratorio di attività espressive per bambini.

In quel periodo ho iniziato a lavorare l’argilla e nel 1981 ho aperto il mio laboratorio di ceramica. Dal 1990 mi dedico esclusivamente alla produzione e valorizzazione della ceramica contemporanea, organizzando anche corsi ed esposizioni nella galleria che ho affiancato al laboratorio nel 2002.

Sin dall’inizio della mia attività ho curato tutte le fasi della produzione, dalla progettazione alla ricerca dei materiali, dall’affinamento delle tecniche alla realizzazione dell’oggetto.

Sulla mia formazione complessiva ha influito molto il percorso compiuto nella Facoltà di Architettura.

Anche per chi si occupa di ceramica contemporanea credo che sia fondamentale la conoscenza di quello che è stato fatto prima di noi o di quello che viene fatto nella nostra epoca.

Occorre conoscere i materiali e le tecniche e sviluppare le proprie abilità espressive e progettuali. Ma occorre anche imparare a relazionarsi con un committente specifico, o con il pubblico in generale, e essere in grado di redigere un piano economico.

C’è una persona o un episodio che ha influito sulla scelta di questo mestiere?

La mia famiglia è sempre stata coinvolta dal mondo dell’arte. Il mio bisnonno Gaetano Previati fu un teorico del Divisionismo e uno dei maggiori pittori di questa corrente artistica e mia madre, che ha sempre considerato importante l’aspetto artistico dell’educazione, mi ha suggerito la frequentazione del liceo artistico. Penso che con la tenacia e la volontà le tecniche si possano apprendere, ma credo che, dal punto di vista della formazione generale, sia molto importante il bagaglio culturale trasmesso dalla famiglia.

La scelta di occuparmi di ceramica in modo approfondito si deve al desiderio di consolidare situazioni, incontri e opportunità avvenute casualmente.

Come avviene la scelta dei suoi soggetti?

Cerco di occupare parte del mio tempo visitando musei, mostre e partecipando a eventi. Mi piace leggere, viaggiare e sono incuriosita dalle storie delle singole persone e delle comunità più vaste, perché esse testimoniano il tempo che stiamo vivendo. Nella mia borsa ci sono sempre dei fogli dove annoto le cose che sollecitano la mia attenzione e i brandelli di idee che potrebbero diventare progetti.

Penso che i soggetti, che costituiscono uno degli assi portanti delle opere, mettano in luce la personalità dell’autore, la sua educazione e sensibilità.

I temi e le forme che li rendono leggibili, fanno sì che un autore sia riconoscibile e permettono di cogliere la differenza tra un lavoro originale, dove si riconosce la poetica dell’autore, e un lavoro dove l’elemento della ripetitività ha un grosso ruolo.

Nel corso degli anni il mio modo di operare è cambiato e oggi privilegio le opere con una valenza soprattutto estetica, che hanno il carattere dell’opera unica o del work in progress.

Quali e quante sono le fasi di realizzazione di un’opera?

Le fasi ideativa e progettuale hanno grande importanza nel mio lavoro: la mente è costretta a fare opera di selezione tra i molteplici temi e ipotesi di lavoro che si sono accumulati nel tempo.

Si scelgono le varianti più interessanti a livello simbolico, espressivo e materico e si inizia a lavorare con i materiali.

In un laboratorio di ceramica come il mio le fasi della lavorazione, successive alla progettazione, seguono questo ordine:

- creazione dell’oggetto per mezzo delle diverse tecniche di modellazione dell’argilla

- asciugatura del pezzo modellato

- cottura del pezzo per ottenere il semilavorato, chiamato terracotta o biscotto

- rivestimento del semilavorato con materiali da rivestimento come gli ingobbi e gli smalti

- seconda cottura del pezzo per fissare i materiali da rivestimento sul biscotto

- eventuale aggiunta e successiva cottura di materiali da rivestimento che devono essere sottoposti a temperature diverse ( talvolta si deve sottoporre l’oggetto a tre o più cotture).

Idea, progetto, realizzazione: c’è una fase che predilige nel processo di creazione? Perché?

Tutte le fasi dipendono dall’andamento di quella precedente e non sarebbe possibile arrivare al risultato finale saltando qualche momento della lavorazione. Vedo tutte le fasi strettamente legate e la coerenza delle varie operazioni contribuisce a dare dei risultati soddisfacenti.

Un momento della lavorazione della ceramica che è sempre molto coinvolgente, pieno di aspettative e anche di timori per ogni ceramista è l’apertura del forno perchè in quel momento si possono avere grandi soddisfazioni o delusioni. In quel momento si sa se le lunghe ore di lavoro hanno prodotto risultati interessanti o meno e si sa anche se i risultati inaspettati possono essere considerati delle varianti interessanti.

Come unisce tradizione e innovazione nelle sue opere?

Anche per chi si occupa di ceramica contemporanea credo che sia fondamentale la conoscenza di quello che è stato fatto prima di noi o di quello che viene fatto nella nostra epoca.

Talvolta si può pensare che il proprio oggetto presenti dei caratteri di novità semplicemente perché non si conosce la storia. Altre volte si rischia di replicare formule che hanno caratterizzato altri momenti storici.

In questo senso non sono mai stata interessata alla riproposizione di tecniche o estetiche, ma ho sempre cercato di imparare le tecniche, utilizzare i materiali, fare tesoro di tutti gli insegnamenti che mi permettessero di svelare il mio pensiero.

Credo che guardando le mie opere si possano leggere alcuni degli elementi estetici e tecnici che la storia della ceramica ha portato sino a noi e, nello stesso tempo, si possa avere la sensazione che quegli elementi sono serviti per veicolare il pensiero di una persona che, operando in questa epoca, da questa epoca trae pensieri ed emozioni.

Quanto influisce il territorio sul suo lavoro?

In italia ogni regione ha avuto storicamente un polo ceramico importante. In Lombardia si può citare Lodi, in Piemonte Castellamonte, in Veneto Nove, in Emilia Faenza, in Toscana Impruneta, in Umbria Gubbio, in Puglia Grottaglie, in Sicilia Caltagirone.

Le persone che nel passato producevano maiolica, terraglia o prodotti in cotto non completati da rivestimenti vetrosi utilizzavano prevalentemente materie prime presenti nel territorio e davano vita a una grande varietà di prodotti.

Oggi si possono facilmente conoscere produzioni e modi di lavorare la ceramica caratteristici di parti del mondo molto lontane dal nostro territorio. Per queste ragioni si ampliano notevolmente le possibilità di scelta e la ceramica che si produce non è necessariamente legata ai materiali e alle estetiche di uno specifico territorio.

Per quanto riguarda il mio lavoro, credo che non sia evocativo di un territorio particolare, ma siano piuttosto la testimonianza di quanto ormai i confini siano labili.

Qual è l’opera a cui tiene maggiormente?

Parecchie delle mie opere hanno il carattere di work in progress, molti miei progetti hanno preso forma in circostanze specifiche ma non li ho mai considerati progetti conclusi. Poiché li considero molto stimolanti sia dal punto di vista del tema sia dal punto di vista delle potenzialità espressive, talvolta li riprendo in mano arricchendoli con nuovi elementi o elaborando diverse interpretazioni degli stessi temi. Tutti questi progetti hanno una valenza simbolica per me perché in situazioni e tempi diversi sono stati tappe importanti del mio lavoro.

Se devo indicare un’opera a cui sono particolarmente legata a livello emotivo, penso alla serie Matrimonio di Boccali. Si tratta di diverse coppie di boccali che ho iniziato a fare negli anni ‘90 e che rappresentano il momento in cui il mio lavoro mi è sembrato divenire maggiormente riconoscibile e originale.

Cosa vorrebbe dire ai ragazzi che si stanno avvicinando a un mestiere come quello dell’artigiano?

Credo che una persona che oggi voglia avvicinarsi a un mestiere d’arte debba mettere in conto la necessità di sviluppare competenze diversificate.

Occorre conoscere i materiali e le tecniche e sviluppare le proprie abilità espressive e progettuali. Ma occorre anche imparare a relazionarsi con un committente specifico, o con il pubblico in generale, e essere in grado di redigere un piano economico.

Inoltre bisogna essere curiosi culturalmente poiché il raggiungimento di un' espressività personale è il risultato di molti elementi che non sono legati soltanto al settore di cui ci si occupa: ha le sue radici nel desiderio di conoscere.