Sono riportati integralmente gli interventi dei relatori: Valéry Giscard d’Estaing, Emilio Colombo, Franco Cologni, Pierre Chevalier, Francesco Giacomin, Giorgio Pozzi, Lorenzo Ornaghi, Domenico De Sole, Richard Lepeu, Renato Mannheimer, Sergio D’Antoni, Enrico Letta, Giampiero Bodino, Fabrizio Ferri, Angela Missoni, Emanuele Pirella, Franco Maria Ricci, Matteo Thun.

Il tema della tutela e salvaguardia dei mestieri d’arte viene approfondito dai diversi e significativi contributi secondo molteplici prospettive, anche nelle sue implicazioni politiche e istituzionali, con significativo riferimento alle problematiche occupazionali.
Emergono con particolare rilievo le tematiche riguardanti la strategica alleanza fra mestieri d’arte e mondo del lusso oggi, la vitale compresenza di tradizione e innovazione, l’apporto fondamentale delle nuove tecnologie.
Stimolante anche il confronto di idee fra i diversi protagonisti diretti del mondo dei mestieri d’arte (dall’editoria alla moda, dalla fotografia al design al copywriting), nella tavola rotonda finale, moderata da Bruno Vespa.

Intervento di Valéry Giscard d'Estaing

Oggi autorevole Presidente della Convenzione Europea, già Presidente della Repubblica francese dal 1974 al 1981, Valéry Giscard d’Estaing fu promotore di una riforma che rimane un modello da imitare e grazie alla quale i mestieri d’arte hanno ripreso in Francia, ormai da un quarto di secolo, un grande slancio vitale.

Alla metà degli anni settanta i mestieri d’arte in Francia erano in profonda crisi: crisi nella trasmissione dei saperi, e crisi dovuta alla difficoltà per le piccole imprese artigiane di adattarsi alle esigenze della nuova economia. Giscard d’Estaing ha ricordato il modo in cui decise di prendersi personalmente cura del problema, giudicando che la tutela e la rivalutazione dei mestieri d’arte non potessero essere lasciate ai singoli dicasteri, con i loro conflitti di competenze, ma dovessero essere assunte come un compito diretto del Presidente della Repubblica, il solo capace di dare unità agli interventi necessari.

Furono condotti studi per la definizione dei mestieri d’arte e censimenti sulla situazione esistente. A partire dal 1977 potevano già essere attuate le prime misure legislative (che furono complessivamente ben 37).

Il problema centrale era di tipo psicologico: si trattava di ridare fiducia sia ai pochi artigiani che ancora praticavano i mestieri d’arte fra mille difficoltà, sia ai giovani che non vi leggevano più un approdo professionale prestigioso. Le principali misure, che Giscard d’Estaing ha sinteticamente ricapitolato, riguardarono quindi la formazione di nuovi maestri d’arte, attraverso l’incoraggiamento dell’apprendistato, la creazione di borse di studio che consentissero ai giovani artigiani di proseguire i loro studi anche dopo la fine del vero e proprio periodo di apprendistato presso un maestro e la totale esenzione dell’apprendistato stesso dalle imposte statali.

Un altro problema cruciale era quello di restituire all’attività una sua capacità di dare rimunerazione al lavoro. Per ridare vitalità al settore fu allora intrapresa una politica di committenza pubblica e di stimolo all’esportazione. Fu inoltre creato un fondo speciale destinato ai mestieri d’arte, gestito dalla Société d’Encouragement aux Métiers d’Arts – SEMA, che tuttora costituisce il fulcro della politica francese nel settore.

Dopo aver così ripercorso la sua esperienza personale, Giscard d’Estaing ha concluso proponendo una definizione dei mestieri d’arte che è allo stesso tempo una dichiarazione d’amore e un’espressione di fiducia nei confronti del loro futuro: i mestieri d’arte – ha detto – sono mestieri manuali, esercitati da professionisti altamente qualificati, la cui funzione è quella di produrre, mantenere in efficienza e restaurare “gli oggetti che costituiscono l’ornamento della nostra vita”. In questa espressione, che riprende parafrasandola la definizione dell’arte come “ornamento del mondo” di Leonardo da Vinci, si può misurare l’importanza che l’ex Presidente della Repubblica francese attribuisce ai mestieri d’arte e al loro ruolo nella società contemporanea.

Intervento di Emilio Colombo

Chiamato dal moderatore Bruno Vespa ad aprire i lavori con una breve prolusione, l’ex Presidente del Consiglio e più volte ministro Emilio Colombo ha subito portato alla luce il cuore vivo del problema, offrendo alla riflessione dei presenti la sottile analogia fra l’intelligenza della mano del Creatore (che si riposò soddisfatto dopo avere ultimato la sua Creazione) e quella del maestro artigiano, che con altrettanta soddisfazione contempla la sua opera compiuta.

E’ facile cogliere in questa garbata similitudine il monito che vi è sottinteso: se davvero l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, in poche delle sue attività si può cogliere questo privilegio meglio che nella illuminata intelligenza della sua mano, capace di infondere bellezza e armonia anche ai piccoli oggetti del vivere quotidiano.

Perciò i mestieri d’arte non potranno mai scomparire: al contrario la loro area d’interesse continuerà ad allargarsi tanto più quanto più si amplia il territorio delle attività umane, e nessuna tecnologia, nessuna intelligenza della macchina potrà mai sostituire completamente l’intelligenza della mano.

Battersi per la rinascita dei mestieri d’arte significa lottare contro la società di massa, che appiattisce l’individualità, e a favore di una società più equilibrata, che sappia far emergere i talenti dei singoli. E si tratta di una battaglia essenziale per la salvaguardia della specificità dell’Europa, culla della società moderna e contemporanea, attraversata da correnti di civiltà antiche e nuove, dalla cui compresenza prende origine l’irripetibile complessità della cultura europea.

Intervento di Francesco Giacomin

Molto lontana da quella francese è purtroppo la situazione italiana: lo ha evidenziato nel suo intervento Francesco Giacomin, Segretario Generale della Confartigianato, che si è detto anche pessimista sul contributo che in questo campo può venire dall’Europa, decisamente poco attenta al patrimonio dei mestieri d’arte e incline piuttosto alla standardizzazione.

La stessa definizione del settore è difficile, perché in Italia si è fermi ad un elenco che risale al 1964 e che comprende 13 categorie di mestieri. Nell’ambito definito da questa classificazione vecchia di quasi 40 anni rientrano circa 140.000 imprese, per un totale di 240.000 addetti: di questi artigiani possiamo dire che forse l’1% gode di una certa fama, il 20% campa discretamente della propria attività, mentre il restante 80% circa, distribuito soprattutto nel Mezzogiorno, resta legato alla sua attività più per il significato che le attribuisce che non per i proventi che ne trae.

Nei confronti dei mestieri che costituiscono uno dei nostri patrimoni storici e culturali più preziosi l’Italia si dimostra un paese inospitale, dove non esiste neppure un museo delle arti applicate e dove istituzioni come la Triennale di Milano e la Biennale di Venezia hanno emarginato l’artigianato d’arte, escludendolo dal loro panorama.

Ma ciò che è più grave è che non esistono strutture formative: la trasmissione dei saperi si affida esclusivamente ai meccanismi spontanei, meccanismi che non funzionano più, come si può facilmente dedurre dal fatto che circa un terzo delle imprese artigiane non ha continuità ed è destinata a chiudere quando gli attuali gestori cesseranno l’attività. Occorre dunque rilanciare l’apprendistato, incoraggiare i giovani a vedere nei mestieri d’arte una promessa di occupazione qualificata e prestigiosa. Oggi avviene esattamente il contrario: i ragazzi che non riescono negli studi vengono avviati a un mestiere artigianale come soluzione di ripiego. Ciò è sintomatico della scarsa consapevolezza che esiste nel nostro paese dell’importanza e della nobiltà di questo patrimonio storico e culturale.

Intervento di Lorenzo Ornaghi

La Fondazione ha incaricato il Centro di ricerca “Arti e mestieri” di condurre la Ricerca per una definizione dei mestieri d’arte, sui cui risultati ha riferito il Rettore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore Lorenzo Ornaghi.

Ornaghi ha premesso che questa definizione è resa alquanto ardua dall’ambiguità di entrambi i termini che si fondono nell’espressione “mestieri d’arte”, specie del primo, “mestiere”, che derivando da un tardo latino misterium, a sua volta calco di ministerium, sembra voler mettere l’accento su un significato riduttivo del termine, dove il prefisso minus sarebbe da contrapporsi al magis che compare invece nel termine magister, maestro.

Il gruppo di lavoro ha proceduto innanzitutto a un’ampia raccolta e selezione della bibliografia esistente sulla definizione del mestiere d’arte, attingendo a enciclopedie, dizionari e repertori del passato e del presente per arrivare a stilare una bibliografia ragionata, che viene a colmare una lacuna nella cultura accademica, tradizionalmente poco interessata allo studio di questo settore dell’attività umana. Sulla base del materiale raccolto si è quindi realizzata una mappatura dei mestieri d’arte, che si è precisata con la compilazione di un elenco dei mestieri, dei luoghi e degli attori interessati.

Nel tentare una definizione dei mestieri d’arte, si è optato per una certa elasticità, che non li ingabbiasse in categorie precostituite, ma permettesse al contrario di accogliere tutto il nuovo che il settore, nella sua continua evoluzione, viene sottoponendo alla nostra attenzione. C’è in effetti una sproporzione fra la rigidità delle vecchie categorie e la ricchezza della realtà attuale.

Dal punto di vista delle prospettive di sviluppo, Ornaghi ha individuato due elementi positivi sui quali puntare: il primo è che, nell'attuale processo di profonda trasformazione politico-sociale, vi è un aspetto, che occorre cercare di sfruttare vantaggiosamente, costituito dal fenomeno della crescente traslazione dei poteri e dall’importanza che, in questo quadro, tornano ad assumere i patti, gli accordi raggiunti volta per volta e caso per caso con le istituzioni; il secondo è che, in un’età in bilico fra l’esigenza o la tentazione di conservare e il bisogno di innovare, l’artigianato d’arte occupa uno spazio intermedio fra questi due opposti momenti e può dunque trovare una sua dimensione importante nella capacità di conciliarli.